LA DURA VITA DI UNA PRINCIPIANTE


Vi ricordate il lontano giorno della vostra vita in cui siete entrati in acqua con la tavola da surf per la prima volta?
Vi ricordate quella fastidiosa sensazione che vi ha accompagnato per diverso tempo che vi faceva sentire un po’ goffi, con gli occhi di tutti addosso, sempre nel posto e nel momento sbagliato? Quel particolare stato d’animo si chiama “sindrome del principiante”. Io pensavo di avercela fatta, dopo anni di duro lavoro ed impegno, come windsurfista avevo ormai a fatica ottenuto una certa credibilità, avevo superato quindi quel periodo in cui gli altri parlano e tu fingendo assoluta comprensione cerchi di capire quello che dicono. Ma da pochi mesi nella mia vita a rompere il precario equilibrio ottenuto è giunta una tavola da surf! Finiti i primi momenti di estasi mistica in cui dopo aver buttato il windsurf alle ortiche, giravo proclamando di aver visto finalmente la luce, di essere arrivata all’essenza delle cose (leggi: non dover arrivare su uno spot con 3 vele 2 alberi 2boma 4 prolunghe d affini e dopo aver impiegato due ore a trovare il punto della costa dove il NE entrava veramente bene e circa mezzora a montare tutto, non poter surfare causa dimenticanza del trapezio a casa! A quel punto la discesa dal cielo di tutti i santi compresi anche quelli che non trovereste manco sul calendario di Frate Indovino era inevitabile!) Insomma finiti i primi momenti di esaltazione sono ripiombata nella cruda realtà. I primi sentori li ho avuti quando, arrivando al mare, capendo immediatamente la tua condizione di principiante, tutti si sentivano autorizzati a darti dei buoni consigli. Inizialmente ero felice di tanta solidarietà ma con il passare del tempo si iniziò a concretizzare un serio problema: non c’era mai un parere concordante! Mi spiego meglio: uno ti dice: “guarda che ‘sta tavola è troppo grande per te” e tu “ummmh dici?!?” Inizi quindi a pensare a che cosa puoi portare al Monte dei Pegni per comprarti una tavola nuova! Quando ti sei quasi convinta ad abbandonare la tua tavola che ha solo sei settimane di vita, qualcuno ti ferma e ti dice: “a Serè non fà la cazzata di passare ad una tavola più piccola senza aver imparato bene prima!” Ok adesso ho poche idee e ben confuse! Abituata al super tecnicismo del windsurf pensavo che almeno il rapporto con i negozianti sarebbe stato una passeggiata! Sbagliavo. Vuoi della banale paraffina…..e come la vuoi…. per acqua tiepida, fredda, così così, calda sopra-fredda sotto, la vuoi al cocco, alla menta…..Quando un simpatico e ahimè sconosciuto ha pensato bene di salire con la sua macchina sulla mia povera tavola lasciata ingenuamente per terra, nel momento in cui ho sollevato la “poveretta” e le pinnette sono rimaste conficcate nel morbido terreno del parcheggio di Banzai, sono cominciati altri guai! “Mi servirebbero le pinnette per il mio minimalibù” “ah si, sono FCS?” “sono che? Boh non so, c’hanno una vitina al centro” a quel punto il negoziante aveva scoperto di avere tra le mani una merce preziosissima, una principiante!!! La spiegazione tecnica sui tipi di pinnette usati dal 1960 ad oggi è durata circa due ore! E dire che avevo deciso di scappare per sempre dal mondo del windsurf dopo aver sentito uno che diceva parlando del figlio appena nato: “io e mia moglie abbiamo dei problemi con gli orari in cui il piccolo a fame, non siamo ancora riusciti a TRIMMARLO alla perfezione! (ndr dicesi trimmare l’atto di regolare a perfezione secondo un’ adeguata tensione una vela). E quando le prime volte mi dicevano: “ tu entra lì e surfati le sinistre” “ehi, ho detto le sinistre perchè vai a destra?” “ ma questa è la mia destra” “ma no, la tua destra in acqua” “umhhh…..?” Oppure ti chiedono sei goofy o regular? “ Mah fino ad oggi credevo di essere eterosessuale ma se per fare il surf devo cambiare qualcosa ci posso provare?!!” E poi ho scoperto con mia grande gioia che il surf è una filosofia di vita e per molti un modus vivendi. Con un windsurf te ne stai più o meno solo in mezzo al mare, il surf si fa a stretto contatto di gomito, e quindi, rispetta le precedenze, non essere un pericolo per gli altri, non perdere il controllo della tua tavola, insomma nel mio caso il tutto si traduce in: non rompere i cojoni e sparisci! Ho imparato quindi a vivere, almeno per ora, in perfetta solitudine su quell’ondina piccina e un po’ sfigata che rompe a diverse miglia dalle lineup più alla moda della costa, dove basta esserci a mò di galleggiante, per poter dire: beh io quel giorno ero lì! Spesso mi chiedono come erano le onde e io rispondo sempre in maniera entusiasta: “ bellissime e poi c’era anche il sole e il cielo era azzurro!” Puntualmente vengo ripresa: “si, ma quanto erano alte, come rompevano, erano glassy?” “Gla…chè? Certo se a tutto questo aggiungete il piccolo “handicap” di essere donna, capirete che le difficoltà del principiante si moltiplicano. La maggioranza delle donne che popolano gli spot sono delle vittime sacrificali votate all’eterna accettazione delle più radicali condizioni di sopravvivenza, il tutto per amore solo per amore! Il loro compito è essenzialmente quello di riprendere o fotografare i fidanzati di turno anche se potrete essere certi che per quanto vi siate trasformate in delle Helmut Newton in gonnella il vostro materiale sarà sempre troppo sfuocato, troppo lontano, ecc.ecc… Ho sentito due fidanzate modello parlare con rassegnata disperazione della temutissima “giornata Bunker” noto spot della Costa Nord del Lazio. Il nome è molto appropriato perché il suddetto posto si trova in un luogo impervio, sprovvisto di qualsiasi banale comodità tipo bar, bagno…..ed inoltre non essendo raggiungibile con la macchina sottopone le poverine a tutti gli agenti atmosferici possibili! Se sopravvivi alla giornata Bunker puoi essere sicura: E’ VERO AMORE! Alcune invece mollano il surfista e scappano con attempati e brizzolati commercialisti, grandi giocatori di golf! Io secondo le bimbe suddette, praticando lo sport mi colloco in una linea di mezzo un po’ sospetta. Alcune sere fa ad una cena, è stata proposta la solita visione dell’ inedito videuccio di surf girato a CapoHorn con sottotitoli in croato ed essendosi levato un coro di insulti da parte della componente femminile del gruppo, io timidamente ho tentato un: “potremmo vederne solo un quarto d’ora…” La risposta è stata univoca ed unanime: “ecco, lo sapevamo, abbiamo allevato una serpe in seno!”. Principiante e femmina, non so per quanto potrò ancora sopravvivere…..
Serena Madia
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